lunedì 8 giugno 2009

Una eterna gioventù, ed il '68

Riporto qui una lettera che ho inviato a Galimberti (lo psicologo).
A ben vedere riguarda sempre il "senso della vita"
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caro Galimberti, le scrivo per descrivere uno strano fenomeno.
In qualche modo mi ricollego ad una lettera di Giulia di Gennaio, straordinaria per la chiarezza e l’incisività delle emozioni che descrive.
Emozioni di una “nessuno” che vive con impotenza i tempi che corrono.
Credo che Giulia sia giovane, almeno così l’intuito mi dice.

Il fenomeno curioso a cui alludevo, invece, appartiene ad un’altra epoca, e riguarda un dato sia psicologico che organico.

Per individuare l’era, Le dico che avevo 20 anni nel ’68.

Il fenomeno in poche parole è questo: come nel ritratto di Dorian Gray, io non invecchio più, e come per me, ciò accade per tanti miei amici.

Si è detto ormai di tutto su quella lontanissima era, ormai morta e sepolta con commemorazioni non proprio lusinghiere.

Il prete ha detto che eravamo sognatori, velleitari e pressapochisti, e tutto sommato da allora il mondo sta meglio senza di noi e le nostre pretese di cambiare il mondo.

Tutto ciò è certamente vero e chi si azzarda ormai a contestare?
L’abbiamo fatto anche troppo!

Epperò chiedo a sociologici e politici di controllare questo fatto almeno curioso: ci vengano pure a visitare, psicanalizzare e : a tutti gli effetti noi dimostriamo ancora 20 anni, psichicamente ma anche e soprattutto esteriormente.

Lo posso garantire, anche mandando delle foto, se serve!
Inviterei anche le potentissime ditte farmaceutiche: forse nel nostro sangue potrebbe scoprire molecole affascinanti.

Io una teoria ce l’avrei: da allora noi “sessantottini” viviamo una specie di “coma non assistito” (nel senso che nessuno ci nutre a spese dello stato; lo dobbiamo fare noi a spese nostre, e così immobilizzati credetemi non è facile).

Apparentemente partecipiamo alla vita comune, a questo “Migliore di tutti i mondi possibili”; ma in realtà noi siamo, siamo stati, e sempre saremo, inattuali in tutti i sensi possibile, usando un aggettivo caro a Rilke.

Noi siamo qui, ma il cuore è altrove (in atlantide forse..) e questo ci ha conservato miracolosamente giovani: nella testa, nel cuore, nei muscoli, nella pelle.

Sfido chiunque incontrandoci, ad indovinare la nostra vera età.
Qualcuno ritirerà fuori il complesso di Peter Pan.
Ragazzi, non scherziamo, qui “non pettiniamo le bambole” come si dice ironicamente a Roma

Questa è una cosa seria.

Qui si parla di fisica, chimica, neuroscienza; mica roba da ridere.

Un ultimo pensiero mi sovviene. Dico a tutti i nostri VIP, inclusi soprattutto i politici (che dovrebbero pensare ad altro), posseduti al giorno d’oggi da questa ossessione di non invecchiare mai (me ne viene in mente uno con la bandana..), a suon di costosissimi interventi chirurgici: perché non fate come noi?

Al prezzo di pochi sogni e ed un po’ di allenamento a non mentire, corrompere ed essere corrotti, si guadagnano decine di anni di vita, e tutto ciò gratis!

Qualcosa da Walden, di D H Thoreau

Dobbiamo imparare a risvegliarci e a mantenerci desti, non con aiuti meccanici ma con una infinita speranza nell'alba, che non ci abbandona neppure nel sonno più profondo.

Non conosco nulla di più incoraggiante dell'incontestabile capacità dell'uomo di elevare la sua vita con uno sforzo cosciente. È bello sapere dipingere un certo quadro, o scolpire una statua e così rendere belli alcuni oggetti; ma è molto più degno di gloria scolpire e dipingere l'atmosfera stessa e il mezzo con il quale guardiamo, cosa che possiamo fare moralmente.

L'arte più degna è influire sulle qualità del giorno. Ogni uomo ha il compito di rendere la sua vita, anche nei dettagli, degna della contemplazione delle sue opere più belle e più critiche. Se rifiutassimo, o piuttosto consumassimo, le meschine notizie che riceviamo, gli oracoli ci insegnerebbero chiaramente come potremo farlo.

Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto.

Non volevo vivere quella che non era una vita, a meno che non fosse assolutamente necessario. Volevo vivere profondamente, e succhiare tutto il midollo di essa, vivere da gagliardo spartano, tanto da distruggere tutto ciò che non fosse vita, falciare ampio e raso terra e mettere poi la vita in un angolo, ridotta ai suoi termini più semplici; se si fosse rivelata meschina, volevo trarne tutta la genuina meschinità, e mostrarne al mondo la bassezza; se invece fosse apparsa sublime, volevo conoscerla con l'esperienza, e poterne dare un ragguaglio nella mia prossima digressione.

D.H. Thoreau, Walden

Pensieri Diversi di GT

Desiderare che il mondo sia semplice, sfocia sempre una sottile forma di violenza.

Per almeno 2 milioni di anni l’uomo ha ucciso, torturato e mangiato i suoi simili; da poco si è fermato ed alcuni nostalgici la chiamano “età dell’oro”?!

Ci sono persone così buone da poter uccidere chi non lo capisce.

L’arte moderna sta all’arte come una galleria sta alla montagna.

L’uomo moderno è profondamente ignorante; crede di porer fare la barba a Dio solo perché sa usare un rasoio Braun.

Oggi è caduta la neve. Un bambino guardava sorpreso ed eccitato i fiocchi che gli cadevano sul viso. Ho pensato il luogo comune: da grande non si sorprenderà più; saprà che la neve è fatta di cristalli di acqua; la conoscenza uccide la meraviglia. Ma subito dopo mi son detto che poche affermazioni sono più sciocche di questa. Una sola cosa uccide la meraviglia: ed è l'abitudine, la consuetudine ottusa di chi si rinchiude in una vita senza sogni, senza epos, senza grandi ideali, grandi domande, grandi mete. E per antidoto paradossalmente c'è solo lei: la conoscenza, o la curiosità. (colui che non sa niente non ama niente; ma colui che capisce ama, vede, osserva..)

E' triste non essere amati, ma c'è qualcosa di peggio: essere amati per qualcuno che non siamo. Nel primo caso ci viene data indifferenza; nel secondo, quando cerchiamo di rivelare la nostra vera essenza, ci viene dato odio e rabbia.

Sembra che esista purtroppo questa successione: a) dare un senso alla propria vita; b) che equivale a dipendere da una persona amata, da un gruppo, da un'idea; c) che equivale a coltivare un sentimento di sacrificio. Da ciò si deduce che gli uomini uccidono o fanno figli per la stessa ragione.

Un uomo felice è naturalmente buono. Un uomo infelice lo è solo raramente e grazie ad un artifizio: il cui nome è saggezza.

Chi è che non si commuove di fronte ad una notte stellata? Anche un criminale, di certo. Ma allora cosa è il male? Deve essere anch'esso una forma di amore e sentimento.

La tradizione non è assolutamente consuetudine (l'uomo moderno ha ormai solo consuetudini e non tradizioni). Paganesimo o irreligiosità è vivere nella consuetudine. (Religiosità è vivere nella meraviglia). (A. Miller: Marylin sapeva guardare ad un fiore come se l'avesse visto per la prima volta) (Gide: Ellis trovava le loro zampe sproporzionate; cosi' constatai la spiacevole incomprensione del suo animo.) (Ricordati di "santificare" le feste) (Momenti di Gloria: "non sa pelare le patate senza passione")

Certo avere un ideale, vivere con fede un proprio sogno può essere visto dal nostro prossimo come una forma di psicosi (narcisistica). Chi dirimerà la questione? Nessuno, perché qui non è terreno per prove: non abbiamo più i piedi in terra né un oggetto con cui misurare una prova. Ciò che conta forse è solo una cosa: la passione (e coerenza nella vita; una psicosi manca di passione?) (una fede senza coraggio e passione è una psicosi?) (LW direbbe: Ciò che conta è la fede nella propria redenzione)

La forza più distruttiva dell'universo? La consuetudine. Per uscire dalla consuetudine ci sono degli ausilii: L'ARTE (la meraviglia dei sensi); LA SCIENZA (la meraviglia della mente); LA FEDE (la meraviglia dell'anima).

(Chiunque ha provato una esperienza di pura estasi capisce che:) L'uomo si avvicina a Dio solo in due momenti opposti della vita: nel dolore e nella gioia. Nel primo caso il cielo si fa buio e oscuro; l'uomo entra in una casa che chiama chiesa, si inginocchia, pensa ad un Dio onnipotente che fuori di là lo possa aiutare e gli parla: Dio aiutami, Dio proteggimi. L'uomo entra nel tempo e misura le ore che lo separano dalla liberazione; intanto fa quello che può per alleviare il peso della sua anima, chiama alcuni suoi simili a delegare il Dio e confessa loro le sue colpe; si agita e si affanna a costruire protezioni e oggetti per sopravvivere. Nel secondo caso il cielo è splendente per il sole di giorno e per le stelle di notte; l'uomo non riesce a staccare gli occhi da lassù, non vi sono parole da dire. L'uomo esce dal tempo ed in un momento di perfetta immobilità la sua anima capisce che il Dio è dentro ognuno di noi ed è eterno. Come è evidente allora che la religione dei Testamenti poteva nascere solo da un popolo perseguitato e sofferente! Anche in essa si trova il rivolgersi a Dio per gioia; ma è un movimento secondario e di ritorno. L'impronta fondamentale resta, ed il suo segno è: il troppo parlare! Come è diverso l'oriente! Come ha provato il nascere di un Dio da un attimo di pura gioia! In occidente il santo in estasi prega e loda Dio; in oriente il santo in estasi non parla, non agisce, non pensa: entra nell'eterno in un movimento di perfetta immobilità.

Puoi regalare un fiore ed aspettare di vederlo appassire in un vaso; puoi regalare un pensiero e sperare di vederlo crescere nell'animo.

Un vecchio che sbaglia spreca il suo capitale; un giovane che sbaglia investe il suo rediito.

I giovani sanno molto più di quanto non credano; i vecchi credono molto più di quanto non sappiano.

I sentimenti d'amore seguono leggi non dissimili da quelle economiche. I ricchi sono quelli che investono produttivamente il loro piccolo capitale; i poveri o i mediocri quelli che pensano solo a difendere i loro risparmi. I primi agiscono in base al coraggio: sanno bene che solo investendo sempre di più, con intelligenza e saggezza, ma anche con rischio, possono poi guadagnare. I secondi agiscono in base alla paura: cercano di tener fermo il loro capitale, vedendolo solo diminuire in base all'inflazione. Cercano allora qualcuno che gli possa fare un prestito: assicurano che con quello si rimetteranno su e potranno poi restituirlo. Al massimo essi riescono a vivere una vita in pareggio. I primi sono quelli che sanno amare; i secondi quelli che hanno bisogno di essere amati. I primi dicono: io dedico i miei sentimenti a te, e spero che un giorno me li renderai. I secondi dicono: dammi subito e prima di tutto il tuo amore, altrimenti ho paura e non so vivere: quando sarò in pari, forse te lo renderò (logoro e sgualcito).

Ci sono persone che vivono intorno ad un punto fermo, che è una casa sulla cui porta è scritto: proteggici dalla paura di noi stessi, dacci la sicurezza quotidiana, concedici delle colpe di cui poter chiedere perdono,. Questa casa, per il servizio che rende, deve essere senza finestre e senza sole; dell'inevitabile frustrazione che ne consegue i conviventi si accuseranno a vicenda. Nei momenti di quiete essi cercheranno un fittizio ristoro spostando i mobili o cambiando il colore delle pareti. --- Dovremmo invece essere tutti persone che vivono intorno ad un sentimento fermo, che è un vestito sobrio e buono per tutte le stagioni, sulla cui etichetta è scritto: amore per noi stessi e gli altri, autonomia da ogni sicurezza, orrore per la colpa, la vergogna, il sacrificio e la sofferenza. E non avremo bisogno di alcuna casa, perché splende sempre il sole su chi ha fede, fegato e coraggio. (E… lungo la strada troveremo compagni?)

Wallenstein gridava: "Le stelle del nostro destino brillano nei nostri cuori". Ma i cuori moderni sono fragili e non vedono piu' le stelle. E le stelle stanno a guardare..

C'e' una sola qualita' umana che vince sempre: la debolezza. (Ricordare Blade Runner).

Il miglior modo per rendere inoffensivo un essere umano, e' contagiarlo in tenera eta' con quelle tre malattie distruttive dell'integrita' della mente che sono: buona educazione, moralismo, religione.

giovedì 31 luglio 2008

Lettere a un giovane poeta - R. M. Rilke

Sempre in tema di amicizia, amore, e "senso della vita", consiglio di leggere "Lettere a un giovane poeta" di Rilke. Tra RMR e HvH esiste una notevole affinità. Casualmente, tutti e due leggevano e ammiravano sopra ogni altro il poeta danese Jens Peter Jacobsen, oggi a noi praticamente sconosciuto. Perché? Lascio il quesito a voi...

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Le cose non si possono afferrare o dire tutte come ci si vorrebbe di solito far credere; la maggior parte degli avvenimenti sono indicibili, si compiono in uno spazio che mai parola ha varcato.

Penetrate in voi stesso. Domandatevi nell'ora più silenziosa della vostra notte: devo io scrivere? Scavate dentro voi stesso per una profonda risposta. E se questa dovesse suonare consenso, se vi è concesso affrontare questa grave domanda con un forte semplice "debbo" allora edificate la vostra vita secondo questa necessità.

Tentate come un primo uomo al mondo di dire quello che vedete e vivete e amate e perdete. Una opera d'arte è buona, se è nata da necessità..

Nelle cose più profonde e importanti, noi siamo indicibilmente soli, e perché uno possa consigliare o aiutare un altro, molto deve accadere, molto riuscire, una intera costellazione di cose si deve congiungere perché una volta si arrivi a buon fine. Cercate la profondità delle cose: fin laggiù l'ironia non scende mai, - e quando sfioriate così il margine della grandezza, saggiate nello stesso tempo se questo modo di vedere nasca da una necessità del vostro essere.

Tutto è portare a termine e poi generare. Lasciar compiersi ogni impressione e ogni germe d'un sentimento dentro di sé, nel buio, nell'indicibile, nell'inconscio irraggiungibile alla propria ragione, e attendere con profonda umiltà e pazienza l'ora del parto di una nuova chiarezza: questo solo si chiama vivere da artista: per comprendere come nel creare..

Il sesso è difficile; è vero. Ma è il difficile che c'è stato affidato; quasi ogni cosa seria è difficile, tutto è serio. Se solo riconoscete questo e muovendo dal vostro intimo, dalla vostra complessione e natura, dalla vostra esperienza e fanciullezza e forza arrivate a conquistarvi una vostra propria relazione col sesso, allora non avrete più a temere di perdervi.

Oh, se l’uomo accogliesse più umile e portasse più gravemente questo mistero, di cui la terra è piena fin nelle sue piccole cose, lo sopportasse e sentisse quanto terribilmente grave è, invece di prenderlo alla leggera. Non vi lasciate ingannare dalla superficie; nelle profondità tutto diventa legge. E sono forse più affini che non si creda i sessi, e il grande rinnovamento del mondo in questo consisterà, che uomo e fanciulla, liberati da tutti gli errori, non si cercheranno come opposti, ma come fratelli e vicini, e si uniranno come creature umane, per portare in comune, semplici gravi e pazienti, il difficile sesso che è loro imposto.

Cosa sarebbe infatti una solitudine senza grandezza; c'è solo una solitudine, e quella è grande e non è facile a portare e a quasi tutti giungono le ore in cui permuterebbero volentieri con qualche comunione per quanto triviale e a buon mercato. Questo solo è che abbisogna: solitudine, grande intima solitudine. Penetrare in se stessi e per ore non incontrare nessuno, questo si deve poter raggiungere.

La gente con l'aiuto di convenzioni ha dissoluto tutto con facilità nella più facile china; ma è chiaro che noi ci dobbiamo tenere al difficile; ogni cosa vivente ci si tiene, tutto nella natura cresce e si difende alla sua maniera è una cosa distinta per sua virtù dall'interno, tenta d'essere sé stessa ad ogni costo e contro ogni resistenza.

Anche amare è bene ché l'amore è difficile. Ma il tempo dell'apprendere è sempre un tempo lungo, di clausura, e così amare è, per lungo spazio e ampio fino entro il cuore della vita, solitudine, più intensa e approfondita solitudine per colui che ama. Amare è un'angusta occasione per il singolo di maturare, di diventare in sé qualche cosa, diventare mondo,un mondo per sé in grazia di un altro, è una grande immodesta istanza che gli viene imposta, qualcosa che lo elegge, e lo chiama a un'ampia distesa.

Credetemi: la vita ha ragione, in tutti casi. Puri sono tutti i sentimenti che vi raccolgono e vi sollevano; impuro è il sentimento che vi afferra solo un lato del vostro essere e così vi stravolge.

Come è possibile vivere, se non possiamo affatto penetrare agli elementi di questa vita? Se perpetuamente siamo insufficienti nel amare, nel decidere incerti e incapaci di fronte alla morte, come è possibile esistere?

venerdì 18 luglio 2008

Selezione dal "Libro degli Amici" di HvH

Le norme della buona creanza, rettamente intese, sono di guida anche nel dominio spirituale.

Chi nel commercio con gli uomini si conduce con riserbo, vive del proprio reddito, chi di ciò non si cura, intacca il proprio capitale.

L'uomo scopre nel mondo solo quello che ha già dentro di sé; ma ha bisogno del mondo per scoprire quello che ha dentro di sé; a questo sono però necessarie l'azione e la sofferenza.

La gioventù sente che il mondo è gravido di forze; ma non immagina quale parte sostenga nel mondo la debolezza nelle sue diverse forme.

La maggior parte degli uomini non sente, crede di sentire; non crede, crede di credere.

L'uomo superiore vive in pace con tutti, senza agire come tutti. L'uomo volgare agisce come tutti e non va d'accordo con nessuno. L'uomo superiore è facile da servire ma difficile da appagare. L'uomo volgare pretende un servizio gravoso e si soddisfa buon mercato.

Una intelligenza ordinaria è simile ad un cattivo cane da caccia, che trova rapidamente la pesta di un pensiero e rapidamente la perde; una intelligenza fuori del comune è simile a un segugio che non si lascia sviare dalla pesta fino a che non abbia raggiunto la preda.

Si apprezzano come cosa rara coloro che sanno ascoltare con tranquilla attenzione; altrettanto raro è un vero lettore, ma più raro di tutto uno che lasci operare su di sé i propri simili, senza guastare, anzi distruggere continuamente l'effetto con una sua intima inquietudine, la vanità, l'egoismo.

Gli amici non sono né molti né pochi, ma in numero sufficiente.

Si può arrivare ai sessant'anni senza avere un'idea di ciò che si ha un carattere. Nulla è più oscuro delle cose che abbiamo continuamente sulle labbra.

Un uomo che muore a 35 anni è in ciascun punto della sua vita un uomo che morrà a 35 anni. Questo è ciò che Goethe chiamava l'entelechia.

Nessuno si conosce, fin quando è soltanto se stesso e non allo stesso tempo anche un altro.

Senza l'amore di se stessi la vita non è possibile, neppure la più lieve decisione, soltanto immobilità e disperazione

Qual è l'elemento fondamentale della dignità? la naturalezza.

Non basta affermare soltanto cose vere; è altresì necessario non dire tutte quelle che sono vere; perché bisogna esprimere soltanto le cose che sia utile manifestare, non quelle che ferirebbero soltanto senza portare alcun frutto, e perciò come la prima regola è parlare con verità così la seconda è parlare con discrezione.

Lo spaventoso della colpa è che essa legittima straordinariamente la paura, il più gran male del mondo.

Un parziale odio contro se stessi sta alla radice di ogni stortura.

Attenzione e amore sono l'uno condizione dell'altro.

Vi sono, spiritualmente, tante persone quanti sono gli incontri.

Ogni nuova conoscenza importante ci scompone e ci ricompone nuovamente. Se essa è di grandissima importanza, allora si compie in noi una rigenerazione.

Gli uomini della nostra epoca confusa vivono la loro vita più vera in episodi accidentali, malintesi non chiariti, fruttuose distrazioni.

Le buone maniere riposano su un doppio fondamento: dimostrare agli altri ogni attenzione, non imporre se stessi.

I difettosi nell'anima si conoscono e fiutano l'un l'altro di lontano.

L'età dell'uomo, vista dal di dentro, è eterna giovinezza.

La gioia richiede più abbandono, più coraggio che non è il dolore. Abbandonarsi alla gioia significa sfidare il buio, l’ignoto.

Non vi è nulla di essenziale all'interno che non appaia insieme all'esterno.

Diventare più maturi significa separare più nettamente, congiungere più intimamente.

L'uomo mediocre si ferma troppo presto dopo il pensiero giusto; di qui le tante mezze verità che sono nel mondo.

L'uomo comprende tutto, salvo ciò che è perfettamente semplice.

Postfazione al Libro degli Amici (di Gabriella Bemporad)

Riteniamo utile riportare senza alcun commento la bella postfazione di Gabriella Bemporad.

In pochi paragrafi si delineano intenzioni, qualità e stile di Hugo von Hofmannstahl, nel momento in cui decise di pubblicare questo libro.


“Il libro degli amici contiene serene parole di amore e simpatia

che in certe circostanze vengono offerte a persone amate e stimate,

solitamente al modo persiano con i margini arabescati d'oro.”


Questo libro che pubblichiamo per la prima volta... va inteso come un dono ai lettori.

In una prima forma e in misura ancora ristretta, esso attua un sogno accarezzato per tutta la vita da HvH fin da vent'anni prima.

Tutto il libro, fa notare uno dei suoi più cari amici, ha il carattere di un colloquio: grandi spiriti di una medesima nobiltà, di un passato recente come di uno lontano, voci di una comunità di popoli e di culture che abbracciano tutto il mondo, prendono parte alla conversazione. Essa si estende a tutti gli oggetti della vita interiore, interviene l'artista, il poeta con i suoi particolari travagli e problemi, ma anche l'uomo politico, sì, anche l'uomo di mondo, apportano la loro esperienza. Il colloquio fa luce negli abissi del cuore umano come negli abissi di ciò che nell'intero resta eternamente inconoscibile, nel particolare mai del tutto decifrabile, che ci circonda così dentro che fuori come l'infinito involucro di un tutto finito. Il volo si leva alle più alte vette dell'etica e della conoscenza, per subito indugiare con amichevole partecipazione su ciò che in apparenza è insignificante, in apparenza quotidiano, ma tutta la conversazione è condotta in forma così delicata, così socievole, da premettere raramente all'uno o all'altro degli interlocutori di spiccare sugli altri.

Se tale è l'ambiente del libro, si intende che in considerazioni fatte in tale urbana conversazione, tra amici di pari grado, l'affermazione, anche la più sicura e meditata, non sia mai dura, recisa, il tono mai autoritario, la propria opinione, di più, la propria verità, mai imposta, la penetrazione profonda, mai tagliente, e che anche quando si indulga al sorriso, si disdegnino i figli spuri dell'aforisma, la frecciata e la caricatura, e neppure vi trovi posto - possibilità aforistica di altri grandi scrittori moderni - ciò che turba o sconvolge senza subito additare una riva.

Anche in questa conciliazione, che non è mai senza rinunce, tra i domini profondi solitari e la compagnia tra gli uomini, tra l'inesprimibile e della comunicazione aperta (ai problemi della comunicazione della parola le sue opere hanno cercato sempre nuove soluzioni), HvH appare il conciliatore garbato ma incorruttibile, l'ambasciatore - e perciò necessariamente mondano - di regni non mondani.

Egli trattò i misteri della comunicazione umana; ripeterà che ogni nuova conoscenza importante determina una scomposizione e una reintegrazione e può persino provocare una palingenesi, dirà - singolare eco di mistiche lontane - che da un incontro tra due individui nasce un essere,un demone.

sabato 12 luglio 2008

Sulla verità

Alcuni recenti avvenimenti mi hanno fatto riflettere sul perché alcune persone hanno un bisogno esagerato della verità.

Dico esagerato, perché certamente l’amore per la verità è una nobilissima cosa, ma a queste persone accade un paradosso: esse ottengono spesso tra i loro cari solo confusione, frustrazione, risentimenti ed infine una (certo involontaria) infelicità.

L’argomento quindi è di per sé interessante e merita un approfondimento.

Le varie espressioni con cui si manifesta sono tra l’altro: “adoro la trasparenza, non dico mai bugie, amo la verità sopra ogni cosa, odio i compromessi” e via discorrendo.

Per prendere l’argomento da lontano, consiglio di leggere ora le citazioni alla fine del testo.

Appurato quindi che l’argomento è notevole, ed ha appassionato le menti più elette, proviamo ora noi nel nostro piccolo a fare alcune affermazioni generali.

Assioma 1:

Nel mondo, le cose si comportano con oggettività, semplicità, e coerenza.

Nella natura fisica, non esiste il paradosso. Esiste solo una possibile, faticosissima, umile e sobria conoscenza (mai arrogante e definitiva!). Qualcuno ha detto che questa conoscenza – a volte chiamata scienza - è solo “un insieme di ragionevoli supposizioni supportate da fatti ed osservazioni”. La seconda parte (l’osservazione) è fondamentale, per poter distinguere inutili anche se affascinanti idiozie (i ciarlatani) , da quello che l’uomo con grande fatica può seriamente conoscere. Questa osservazione non è banale: richiede studio, dedizione, fatica grandissima e genio profondo e disinteressato. Tutte qualità assai rare oggi. Ma passiamo oltre. Vi consigliamo solo, infine, da buoni amici, di non spendere troppo tempo su stupefacenti affermazioni come: “nel 2025 ci sarà l’età dell’oro perché l’ha detto il vecchio della montagna dell’agartha” oppure (un classico!): “anche la moderna scienza quantistica ha finalmente accettato il fatto che i saggi dell’oriente hanno sempre detto e saputo...” e via di questo passo.

Assioma 2

Nel mondo, le persone si comportano con la massima soggettività, complicazione e incoerenza.

Il mondo delle persone è il mondo del paradosso, semplicemente perché è il mondo della interpretazione e del giudizio. Perché l’insieme dei giudizi umani generi così facilmente paradossi (come quello da cui siamo partiti), è appunto il tema dei paragrafi seguenti.

Assioma 3

Nel mondo delle persone, più si cerca di sfuggire a qualcosa, più questa ci seguirà.

Come vedete, questo è un paradosso.

Assioma 4

Nel mondo delle persone, la quantità diventa qualità.

Esempio calzante: anche un bene, se non perfettamente dosato, può diventare male (una medicina; una madre troppo protettiva, ecc).

Oscar Wilde ha espresso beinissimo la cosa come : “In materia di grande importanza, lo stile, non la sincerita', e' la cosa essenziale.”

Assioma 5

Il paradosso nasce sempre dall’esagerazione, e dalla confusione dei livelli di applicazione dei nostri giudizi.

Questa è una cosa che viene perfettamente dimostrata in matematica, nella “teoria degli insiemi”, e quindi lasciamo stare; però prendetela per buona.

Tutto ciò stabilito, andiamo ora a ruota libera.

Vediamo come si applicano subito i princìpi su esposti ad una situazione tipica.

Ad esempio: vogliamo essere assolutamente sinceri con i nostri amici. Così eviteremo ogni fraintendimento; non potranno mai accusarci di nulla; sfuggiremo quelle situazioni imbarazzanti dove ognuno accusa l’altro – perché noi saremo oggettivi potendo citare innumerevoli fatti su cui siamo stati “trasparenti”.

Intanto, per quanto riguarda i fatti, state violando il principio 1: i fatti appartengono solo al mondo delle cose: nel mondo umano non ci sono “i fatti” (solo interpretazioni – e quanto diverse!) ed essi inimicano sempre più le persone. Chi non ha visto liti interminabili infarcite di “fattarelli”?

(un saggio consiglio: appena vi sentite trascinati in una elencazione di “fatti”, fuggite a gambe levate!).

Chi non ha visto persone normalmente intelligenti negare anche le verità più evidenti?

Per il riconoscimento della vostra agognata oggettività poi, scordate ogni speranza (principio 2): non riuscirete mai – perchè non siamo attrezzati per farlo – ad essere oggettivi e “intelligenti” nelle cose umane.

Continuando, la vostra ansia di essere “inattaccabili” vi porterà dritti dentro il principio 5, e produrrà il paradosso di ottenere il contrario di quello che agognate con tanta ossessione.

In quanto allo sfuggire liti e incomprensioni, qui interviene drammaticamente il principio 3.

Anche se – lo so - pensate - ma come - se cerco di sfuggire a qualcosa, con tutto il mio essere, e io sono una persona sana ed intelligente, bene o male ci riuscirò!

Oddio, non è che qualcuno non ci possa riuscire. Ma solo pochissimi sanno e possono farlo. Più rari della mosca bianca.

Ed allora accettiamo il fato, accettiamo l’errore di giudizio, accettiamo l’incoerenza.

Ciò, in senso poetico, significa accettare di vivere nella penombra..

La luce spietata non è cosa per gli umani. I nostri occhi ne soffrirebbero irreparabilmente. Al punto da diventare ciechi. Al punto di cadere miseramente dove un cieco dalla nascita si muoverebbe meglio di noi. Approfondiamo.

La luce

Forse la citazione più bella che ricordo a questo proposito (non so nemmeno di chi è) è questa: “In ogni cosa c’è una crepa e da lì entra la luce”

Questa breve frase contiene una bella immagine che andrebbe molto approfondita.

Faccio un nbreve tentativo, tanto per insistere sul fatto che gli umani “non solo vivono nella penombra, ma lì sviluppano le doti migliori

Una crepa..

Questa “crepa” ci ricorda la grotta platonica. Il saggio sa che l’uomo non può vedere la luce direttamente. Solo la divinità può. Noi possiamo vedere faticosamente le ombre, e da lì intuire umilmente qualche parziale verità. Questo la dice già lunga sulla inattualità di una totale verità.

Questa crepa inoltre consente di vedere perchè è una imperfezione!

In una casa perfetta la luce non entra.

Di nuovo, una grande intuizione paradossale.

Grazie alla crepa, ed alla imperfezione, possiamo vedere, ma nella penombra.

La luce che entra:

La luce che entra da una crepa è per forza di cose precaria, stretta, polverosa, irregolare.

Quello che vedremo, sarà più collocato nella penombra e nel contrasto.

Dovremo abituarci e zone di luce e di buio; intravvedere, scoprire.

Nelle zone troppo direttamente illuminate probabilmente vedremo male e socchiuderemo gli occhi

Ricordiamo infine che la luce visibile è per forza di cose un compromesso: sono le frequenze intermedie quelle che vediamo; le altre sono invisibili, ed anche dannose.

Qualche altro paradosso tanto per..

1-Amici e amiche trasparenti, correte il rischio che per troppa trasparenza... non vi si veda più!

2-Per troppa profondità – troppo sbandierata – si corre il rischio di diventare superficiali!

3-Se volete porvi al riparo delle critiche, è meglio provocarle. Tante. Perchè nessuno può vivere normalmente senza. Almeno nell’insieme concederete al vostro prossimo di tenersi quelle minori, di cui vi importa meno. E tutti saranno felici e contenti.

4- Per troppa sensibilità, si rende il prossimo insensibile. Per retroazione, ciò ci convincerà vieppiù della malvagità del mondo.. e via di questo passo.

1.1. Citazioni sulla verità

Gide, André

Avevo paura di gridare troppo forte - e di sciupare la poesia - se avessi detto la verita' - la verita' che bisogna capire - preferendo mentire ancora - e aspettare, aspettare, aspettare.

Confucio

E' l'uomo che fa grande la verita', non e' la verita' che fa grande l'uomo.

Pinter, Harold

Qualsiasi cosa non e' necessariamente vera o falsa: puo' essere sia vera che falsa.

Miller, Henry

Non vado in cerca di verita': quello che voglio e' illusione, mistero intrigo.

Musil, Robert

Il linguaggio di ogni giorno e' un mezzo con cui nessuno puo' esprimersi in modo univoco.

Watts, Alan

Gli uomini ragionevoli - e cioe' umani - saranno sempre capaci di compromesso, ma gli uomini disumanizzati perche' ciechi adoratori di un'idea, sono dei fanatici nemici della vita.

Whitman, Walt

Io mi contraddico. Sono ampio. Contengo moltitudini.

1.2. Altre citazioni pertinenti

Hugo von Hofmannstahl

La profondità va nascosta. Dove? Alla superficie.

Arsan, Emmanuelle

A volte la malvagita' nasce dal sacrificio.

Tonali

C'e' una sola qualita' umana che vince sempre: la debolezza. (Ricordate Blade Runner).

Crosby, Stills, Nash, Young

La confusione ha il suo costo.

Sulla guerra

Il viaggio in Normandia nell’estate del 2008

Un profondo malessere senza luogo e tempo si annida dietro a una domesticita' apparente.. l'oscurita' si nasconde dietro l'apparente logicita' e coerenza della vita e del linguaggio quotidiano.. possiamo parlare e non comunicare nulla. Renzo Tian.

Questa estate ho fatto con mio fratello un lungo viaggio in Normandia per vedere i luoghi dello sbarco del 6 Giugno 1944.

Appena tornato, ed anche prima, è stata posta spesso la domanda inevitabile, ma tutto sommato giusta e pertinente: perché? ...mentre, sullo sfondo, si avverte già qualche risposta, anche se non detta: perché voi uomini siete tutti fatti così.. avete voglia di eroismo, di sfogare l’aggressività, siete cresciuti con quei film, ecc.

A mio umile avviso, la risposta - se una ce n’é - è molto lontana da queste argomentazioni, e quindi può essere interessante forse approfondire la cosa, perché ci può condurre lontano.

Non toccherei per ora l’argomento se la guerra (o meglio l’interesse per essa) sia un fatto prettamente maschile, perché la cosa può anche essere vera (al di là ovviamente di pure spiegazioni “culturali” e contingenti – magari Pentesilea la pensava diversamente), ma ci condurrebbe in territori troppo battuti.

Occorre dire subito, invece, che noi andiamo a vedere film di guerra non per veder morire il nemico (quello accade nei “thriller”): noi andiamo a vedere film di guerra per veder sopravvivere i nostri cari, insieme, aiutandosi, al di là di gravi pericoli e sofferenze. Noi andiamo a cercare la vita, in un mondo dove ce n’è sempre meno.

Noi andiamo a vedere film di guerra perché abbiamo una profonda, incancellabile nostalgia della vita.

Vediamo di spiegarci meglio, a partire da un assioma, che se condiviso da voi, darà ragione di tutto il resto (se no, pazienza).

Tale principio, diciamo filosofico, afferma: non si può capire e apprezzare la vita (il nostro “stare nel mondo”), se almeno una volta non si è rischiato seriamente di perderla.

Non pensate per ora subito ai malati terminali, agli incidenti stradali, ecc. – che restano pur sempre casi eccezionali e personali - ma osserviamo tutta la nostra società.

La nostra società è la società della sicurezza, della prevenzione, della prevedibilità, della quotidianità e dell’evitamento. Essa è profondamente radicata in un profondo (anche se poco cosciente) desiderio di abitudine; ma così facendo tutto rimane in superficie, vuoto, scontato, visibile, prevedibile; sappiamo tutto di tutti ma niente di profondo.

Certo, abbiamo sviluppato – per così dire, “a latere” – degli importanti surrogati: il lavoro, la carriera, il raggiungimento del benessere economico, la casa al mare, il mantenere la salute, il “metter su famiglia” – tutte imprese difficili e faticose, che danno soddisfazione e “senso di vivere”.

Ma, se siete sinceri, non bastano. Il successo nel lavoro (se ci può essere) gratifica l’orgoglio e poi presto finisce, e lo stesso vale per tutto il resto. Anche una grossa malattia superata ci può lasciare gioiosi per un certo tempo, ma poi la quotidianità ritorna.

L’umanità è vissuta per milioni di anni nelle difficoltà e nelle sofferenze più indicibili: lì si è formata, lì si è evoluta, lì ha sviluppato l’amore per la vita e la sopravvivenza.

E allora a volte si ha il bisogno di riprovare le emozioni fondamentali; il senso vero del vivere. Nelle nostre grandi città se ne può solo intravvedere la luce in lontananza, con nostalgia e commozione, in quache attimo dove il benessere quotidiano ci lascia insoddisfatti. Quello stesso benessere luminoso che ci impedisce di vedere il cielo stellato di notte.

Questo ci commuove in un film di guerra: ci ricorda la solidarietà di lottare insieme per vivere, la paura di morire e quindi l’amore per la vita – che, se siamo onesti, oggi proviamo solo in forte diluizione. Ci commuove la speranza, la gioia, la volontà potente di vita, lo stupore immenso di vedere un compagno che rischia la sua vita per noi.

Insomma, un film di guerra commuove chi prova ancora una grande nostalgia della vita.

PS: Potrei citare (colpo basso!) anche il fatto che il grandissimo (e profondissimo) filosofo Ludwig Wittgenstein amava immensamente andare a vedere solo film western. Perché? Può essere argomento di una prossima discussione.

mercoledì 11 giugno 2008

Lettere di HvH a EK

Estratti dalle lettere di Hugo von Hofmannsthal al guardiamarina E.K. (1895)

Le cose importanti che vivremo non potremo raccontarcele, poiché non ci accorgeremo di esse. Credo però che talvolta potremo scrivere su di un pezzo di carta il frammento di una sensazione soggettiva, di un umore, e da questo potrà venirne fuori un carteggio come nel secolo scorso, quando la gente scriveva in modo molto più grazioso, più elegante e più nobile di ora-probabilmente perché le lettere ci mettevano un mese ad andare da un paesino all'altro della Germania.

Vedi, io parlo con molte persone intelligenti e originali e mi basta andare ai miei scaffali per trovare abbastanza libri che siano profondi, affascinanti e coinvolgenti a tal punto da perdermi in essi fino all'oblio di me stesso, sicché i pensieri e le sensazioni degli uomini e dei libri talvolta cancellano del tutto i miei pensieri e le mie sensazioni e si pongono al loro posto. Infatti non siamo noi che possediamo e teniamo gli uomini e le cose, ma sono loro a possedere e a tenere noi. Così non si corre certo il rischio di apparire vuoti, ma, cosa molto più inquietante, si è come un fantasma in pieno giorno: pensieri estranei pensano dentro di te, e vedi le cose come attraverso un velo, ti aggiri nella vita così estraneo ed escluso, nulla ti trascina, nulla ti riempie del tutto. Alla fine però si fa strada qualcosa di umano, di autentico. Per me adesso si tratta di uno sconfinato e violento desiderio di natura, non di una sognante contemplazione, ma di un attivo intervento sulla natura, il desiderio di fare lunghe camminate e andare a caccia e, se possibile, il desiderio di vita contadina.

Talvolta mi sembra come se stessi cominciando ad avere un legame più saldo con le cose della vita, e sarebbe una cosa molto buona. Poi però tutto torna a muoversi in cerchio.

In genere ho all'incirca di due mesi in due mesi un cambio di alta e bassa marea. L'alta marea è molto piacevole: allora mi vengono in mente di continuo cose graziose intelligenti; per la strada o nei salotti incontro donne molto belle, con occhi mirabili; la vita interiore e quella esteriore si compenetrano in modo meraviglioso; tutti i miei desideri e i miei ricordi, e il paesaggio e gli alberi e la musica e tutto quello che altri in circa è recita davanti a me un grande spettacolo in maschera, pomposo e lusinghiero. La bassa marea in compenso è così sgradevole, vuota e arida, muta e morta, che preferisco non parlarne affatto; in qualche modo poi uno riesce ad allontanarsene. Del resto penso che ognuno vive proprio questo fluttuare su e giù dei secchi della vita.

La vita per tutti noi è indicibilmente difficile, minacciosa e malevola: tutto ciò che vi ha di bello e prezioso consiste nel sopportare. E forse a qualcosa serve avere altri che ci sono e guardano alla tua sofferenza e sono abbastanza buoni da capire le tue difficoltà, e la loro partecipazione ha così un senso.

La cosa più importante è che ciascuno viva fino in fondo la propria vita, la propria singola vita, che gli è stata assegnata e a cui lui è stato assegnato una volta per tutte e in modo ineluttabile, e che la diva nel modo più autentico e poi nel modo più bello possibile. Sentire con l'anima, non con l'intelletto, sentire che tutte, tutte le cose dell'esistenza compresi gli uomini sono da porre in relazione tra loro, sono addirittura uguali nella loro essenza, sono capaci di qualsiasi influsso le dune sulle altre e stanno in una certa misteriosa relazione morale tra loro: tutto questo è ciò che io chiamo all'incirca comprendere la vita. Di qui nasce, almeno per me, la comprensione della propria grandezza e della propria pochezza, e l'amore per la vita.

Questa sensazione di poter afferrare sempre soltanto un pezzo della vita e poi venire strappati via di nuovo, dipende da cause che sono molto più profonde di quelle esteriori, sento come se un giorno dovessi riuscire a dire qualcosa di più su questo ma adesso ancora no. La gran parte degli uomini non vivono nella vita, ma in una pura apparenza, in una sorta di algebra dove nulla è e tutto soltanto significa. Io vorrei sentire forte l'essere di tutte le cose, vorrei stare immerso nell'essere, nel vero e profondo significato delle cose. L'intero universo infatti è colmo di significato, è senso divenuto forma. L'altezza delle montagne, la vastità del mare, l'oscurità della notte, il modo in cui guardano i cavalli, il modo in cui sono fatte le nostre mani, il modo in cui profumano i garofani, il modo in cui il terreno si dispiega in colli e vallate, o in dune oppure in scogli severi, il modo in cui appare una regione vista da una montagna, e la sensazione che si prova quando in un giorno molto caldo si cammina sul selciato umido nel fresco androne di una casa, o quando si mangia un gelato: in tutte le innumerevoli cose della vita, in ogni singola cosa e in modo imparagonabile, è espresso qualcosa che non si lascia riprodurre per mezzo delle parole, ma che parla alle nostre anime.

L'intero mondo è allora un discorso fatto alla nostra anima da ciò che è incomprensibile, oppure è un discorso della nostra anima a se stessa. Nel linguaggio della vita ci sono migliaia di tristezze: la tristezza che si prova nel non vedere altro che rocce, mare e cielo; la tristezza di quando, magari sentendo l'odore di fragole fresche, si pensa a certi giorni dell'infanzia; la tristezza negli occhi stanchi di certe persone; la tristezza affatto diversa di quando il sole tramonta in un certo modo; e ancora così tante altre tristezze. Le parole non sono di questo mondo, sono un mondo a sé stante, un mondo del tutto indipendente, come il mondo dei suoni. I discorsi che in genere fanno gli uomini sono però simili a quel che si ottiene quando della vera musica viene riprodotta in modo sbagliato e risuona assieme al rumore delle carrozze e a molto altro rumore di strada. Diventare maturi significa forse solo questo: imparare ad ascoltare dentro sé stessi in modo tale da dimenticare tutto questo frastuono e da riuscire infine più nemmeno a sentirlo.

Perché ti stupisce il fatto di essere sempre diverso nei confronti dei tuoi amici più intimi e anche verso le persone che ti sono indifferenti? Noi abbiamo soltanto un'idea molto vaga di ciò che accade nelle persone. Soltanto più tardi, molto più tardi - lo vedo giungere questo tempo, non si potrebbe chiamare il terzo tempo, dopo la prima immatura giovinezza e dopo il nostro presente - solo allora lentamente impareremo a incontrare davvero le persone. Adesso viviamo così trasognati l'uno accanto all'altro senza toccarci davvero e quel che combiniamo di buono o di cattivo quasi non è da mettere in conto ancora, avendo noi un'idea così vaga di ciò che davvero è importante.

Talvolta però stiamo lì come l'uomo davanti al mare, tutto ciò che è fermo resta dietro di noi, stiamo lì per essere abbandonati, davanti agli occhi nient'altro che l'infinitezza dell'esistenza, qualcosa che non riusciamo a comprendere del tutto.

Vedi di poter diventare amico di un essere umano. Stammi bene.